NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2014 Gefreiter, 709. INFANTERIE-DIVISION der HEER UTAH BEACH, 6 GIUGNO
1944 Elaborazione componenti DRAGON, scala
50mm Agosto 2014. |
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“Per
chi, come me, aveva servito soltanto all’Est, il diluvio di ordini,direttive, regolamenti che
pioveva sui soldati era una novità Questa marea di carte mi impressionava più
di quella lungo le coste dell’Atlantico. I comandi superiori assillavano con
quisquiglie gli ufficiali subordinati. Per esempio: diventava un problema se
una mitragliatrice dovesse essere collocata 20 metri più a destra o più a
sinistra…”. Generale Karl-Wihelm
von SCHLIEBEN “Postazioni
senza cannoni, depositi senza munizioni, campi minati senza mine, un’infinità
di uomini in uniforme quasi senza un solo soldato fra di loro”. Generale Erich MARKS a commento della
situazione di Cherbourg e del Vallo Atlantico Addetti al Vallo Atlantico La costruzione di molti bunker e trincee,
del Vallo Atlantico, non fu solo opera di lavoratori deportati o di civili
francesi. Quasi tutti i soldati Osttruppen e Ostlegionen furono coinvolti nei lavori di allestimento
delle fortificazioni, nella posa di milioni di mine e chilometri di filo
spinato. La loro forza fisica fu sfruttata più per lavori di tale genere, che
non nei reali momenti di guerra, unita alla loro esperienza nella
realizzazione di fortificazioni. Quasi mai citato nelle pubblicazioni sul
Vallo Atlantico, è che i sistemi di trinceramento e i modelli di blockhaus furono realizzati sulla base dell’esperienza di
questi uomini e non sempre sulle rigide e formali direttive
dell’ORGANIZZAZIONE TODT. Il Cavallo di Frisia Questo tipo di ostacolo, prende il nome da
una regione olandese, i primi furono introdotti nel 16° secolo. Quelli presenti a UTAH BEACH furono
realizzati con profilati in acciaio o con dei binari di treno. Osttruppen e Ostlegionen,
confusioni in merito Jan RUTKIEWICZ pubblicò un articolo sul numero 88 di
Uniformi & Armi (1998) in cui indicava che le tue formazioni non erano la
stessa entità e che le “osttruppen” (di origine
russa, slava e ucraina) erano una formazione aggregata alla Wehrmacht il cui
leader fu il Generale Andrej A.Vlassov.
Mentre le “ostlegionen” erano battaglioni
costituiti esclusivamente da soldati a una sola etnia (armeni, georgiani,
azerbaigiani, turche stani, tartari del Volga…). Gli
speciali di NISE Altri
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D-DAY
1944, Lo sbarco in Normandia - “Operazione OVERLORD”: UTAH
BEACH E LA DIFESA
TEDESCA Prima Parte Seconda Parte Terza Parte La foto mostra il punto della spiaggia di UTAH
BEACH dove si trovava il WN5 comandato dal tenente Arthur JAHNKE della 709a
Divisione fanteria. Il punto al centro è il varco che permette l’accesso,
alla spiaggia, dei visitatori. A sinistra il museo omonimo (FC@G) Il soggetto riprodotto prende spunto da questa
ricostruzione uniformologica presente al museo di
Utah Beach. La ricostruzione mostra un sottufficiale con uniforme in tela
pesante grigia, spallacci in cotone ritorto provenienti da una fornitura per
truppe operative nei teatri europei del sud, elmo di prima produzione, non
visibile nella foto fondina in cuoio nero per una pistola di ordinanza. Il
tutto poteva tranquillamente appartenere a un graduato delle osttruppen (FC@G) Un’altra ricostruzione uniformologica
che mostra un fante con indosso una divisa completa in tela spigata leggera
“verde canneto” esposta all’Omaha Beach Memorial Museum (FC@G) D-DAY
1944, Lo sbarco in Normandia - “Operazione OVERLORD”: UTAH
BEACH E LA DIFESA
TEDESCA Prima Parte Seconda Parte Terza Parte Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono:
tutelati dai rispettivi copyright se registrati o non scaduti, fanno
riferimento e solo ai loro legittimi proprietari. |
OSTTRUPPEN:
le origini e le uniformi nel 1944 Nel 1941, i volontari russi furono inquadrati nella ROA (Russkaya Osvoboditelnaya
Armija, scritto con la “P” se si fa riferimento all’acronimo in lingua russa),
un’organizzazione militare che avrebbe fornito risorse umane per la sconfitta
del comunismo e la liberazione della RUSSIA dalla dittatura di STALIN e del
Soviet supremo. A
livello uniformologico, relativi ai battaglioni integrati nelle divisioni
regolari tedesche, non vi sono testi univoci e la confusione che regna è
parecchia. Nel
1943 i battaglioni “OST”, composti di Russi sia prigionieri sia volontari
provenienti dall’intricato e contorto mondo “Soviet”, furono spostati dal
fronte est a quello ovest, per molti di questi fu il segno di un simbolico
tradimento alle loro ragioni dell’arruolamento nella WERHMACHT. Una
parte di loro, durante il trasferimento verso la GERMANIA e il nord europeo,
disertò per unirsi ai partigiani anticomunisti che continuavano, in modo
indipendente dal Terso Reich, a combattere contro l’Armata Rossa. Altri
fuggirono semplicemente perché temevano che fosse in atto una loro
deportazione, necessaria dopo le diverse diserzioni verificatesi a seguito
delle sconfitte tedesche nell’estate del 43. Alcuni si convinsero che l’OKW
non ritenesse più, la loro, una forza affidabile in prima linea e quindi
intenzionato a liberarsene nel modo più radicale piuttosto che lasciare
quegli uomini disertare e rientrare nell’Armata Rossa. Il Generale Vlassov incita i suoi volontari alla cieca obbedienza
nella causa di liberazione della Russia. Non è nota la data in cui fu
scattata la foto. Da notare il variegato assortimento di uniformi ed
equipaggiamenti indossati da questi soldati in pose poco marziali (Bundesarchiv_Bild_183-N0301-503) I
volontari più fedeli alla causa nazista, raggiunti i punti di raccolta
nell’ovest europeo nel 1943, furono nuovamente riorganizzati in battaglioni
poi integrati nelle divisioni dell’intera WEHRMACHT. In particolare la loro
ricollocazione avvenne nelle cosiddette divisioni statiche. Durante questo periodo di ferma, in teoria,
furono loro fornite uniformi e armi della medesima tipologia e qualità in uso
agli altri battaglioni. Questi uomini, che per regolamento non
potevano essere in numero superiore al 10% della forza di un battaglione (la 709a divisione contava su più di
duemila di loro, tra volontari – prigionieri, rispetto a un organico di
12.320 effettivi), furono spesso impiegati per mansioni secondarie e non
strettamente militari. Prigionieri “OST” catturati in Francia nel 1944 (U.S. Army Signal Corps, U.S. National Archives) I corpi di guardia tedeschi, presenti
sulle coste, soffrivano della penuria di personale germanico. Pur se nella
diffidenza massima dell’OBW, in alcuni di questi presidi il corpo di guardia
si basava su un discreto numero di questi volontari russi. Per
tale ragione si diceva, e si è poi scritto, che la Feldgendarmerie
era più presente, in tutta la FRANCIA, per fare la guardia a costoro che per
contrastare la Resistenza francese o possibili azioni di sabotaggio nemiche. In
alcuni episodi accaduti, e documentati, tale ragione si rivelò quanto mai
vera ma in generale non avvennero diserzioni di massa come poi effettivamente
accadde dal 1945 in poi (vale citare,
per completezza documentale, l’episodio della rivolta di un distaccamento, ma
non di ostruppen ma di elementi della Ostelegionen georgiana presso l’isola di TEXEL in OLANDA
nell’aprile – maggio del 1945). Gli
ufficiali tedeschi che avevano combattuto sul fronte russo, invece,
conoscevano bene il valore di questi soldati. Seppero quindi motivarli e
impiegarli nelle situazioni giuste dove, pur verificandosi dei casi di
diserzione o degli atti criminali nei confronti della popolazione civile,
dimostrarono un innato spirito combattivo. Le
uniformi, fornite loro nei centri di assegnazione durante l’inverno del 43,
erano alcuni stock rimanenti dei modelli 1933 oppure uniformi riciclate (quelle invernali erano certamente di panno)
e in seguito, nella primavera del 44, ricevettero le nuove versioni (in tela pesante, denominate “drillichrock”) il cui taglio e colore si distaccavano
dalla tradizionale feldbluse fornita in RUSSIA. Il
colore delle uniformi, in tela pesante, era ed è denominato “verde canneto” (schilfgrün),
giacca e pantaloni avevano un taglio più semplice e ovviamente meno finiture
rispetto a quella classica di panno. I
soldati che arrivavano dal fronte orientale, quando era loro possibile,
tenevano da parte le uniformi ricevute in passato, perché sapevano che non
avrebbero goduto della possibilità di riceverne altre per almeno due anni. Le
uniformi loro consegnate, specie quelle invernali, non erano certo adatte ai
lavori di fatica cui erano sottoposti. Per
tutte queste attività, alcuni di loro ebbero la disponibilità d’indumenti
requisiti e destinati a manovalanze civili oppure uniformi depredate nelle
varie campagne europee. Altri si arrangiarono alla meglio con ogni genere di
capo. Alcune
fonti, ad oggi non ufficialmente classificate e riconosciute a livello di
massimi esperti di uniformologia tedesca, indicano che alcuni battaglioni
ricevettero delle uniformi in colore grigio – ferro. Pare che del tessuto,
confiscato all’Esercito francese, fu impiegato per la realizzazione delle
divise delle osttruppen e per le ostlegionen, cui erano comunque applicati i gradi e gli
elementi di riconoscimento dell’Heer. Il
desiderio d’integrazione, per alcuni di loro, corrispose al ricevere uniformi
pari a quelle dei commilitoni “100%” Tedeschi. Su queste divise, raramente,
cucivano lo stemma “POA”; una piccola illusione, come se togliere quel
distintivo avesse sancito la loro germanizzazione a dispetto di quella
riportata nel loro soldbuk. La foto sopra mostra la
mancanza dello stemma, salvo che non fosse cucito sulla manica sinistra. Questa foto, scattata
nel 1944 in Belgio, mostra diversi militari tedeschi impegnati nella
costruzione di un bunker e l’installazione del relativo cannone. I capi di
abbigliamento indossati variano da uomo a uomo: a sinistra uno di loro con
tuta da lavoro in tela grezza mentre, a destra, vi sono due sottufficiali con
uniforme in tela spessa (Bundesarchiv
Bild 101I-294-1531-14) Tutti
gli elementi di riconoscimento adottati in Normandia (mostrine, gradi, distintivi, decorazioni), a differenza delle
uniformi delle ostlegionen, erano simili se non
uguali a quelli dell’Heer. In
teoria lo scudetto “POA” era cucito sulla manica sinistra, in alcune foto
però appare, invece, su quella destra. Per alcune divise non fu mai fornita
l’aquila nazionale (da porre sul lato
destro, in alto sopra la tasca superiore) e le spalline di riconoscimento
dell’arma e del grado. Di ciò non ho dettagli in merito e non ho spiegazioni,
uniformologiche, di sorta. Per
quanto riguarda le calzature, la situazione nel 43-44 era ancora più critica.
Chi tra loro poteva, di certo non si liberava degli stivali con cui magari
aveva combattuto per le infinite lande dell’est. Se si
guardano con molta attenzione le foto di questi uomini in NORMANDIA, tenuto
conto che le foto siano state realmente scattate li
e in quel periodo, si noterà che molti indossavano stivali di cuoio e spesso
modelli non proprio da regolamento e che gli scarponi, probabilmente di
ordinanza e con le famose “ghette della ritirata”, erano modelli molto
diversi tra loro. Per le
armi si aprono diversi filoni, alcuni dei quali sono stati con attenzione
discussi in alcuni forum dedicati alle forze tedesche. Le
armi semiautomatiche e automatiche erano in gran parte destinate alle truppe
dell’est, tanto per cambiare, mentre i classici fucili e le immancabili MG42
erano in dotazione ai battaglioni composti alle osttruppen. Per i
corpi di guardia, la dotazione base era lievemente più qualitativa ma in gran
parte era costituita dal classico MAUSER K98 (magari la versione corta), da vecchi MP40 rigenerati, molte
pistole WALTHER P38 e LUGER P08 e dalle immancabili mitragliatrici MG42 (in realtà anche molte MG34 conclusero la
loro carriera sulle coste francesi, rientrate dai vari fronti e rimesse a
nuovo da migliaia di lavoratrici ragazzi deportati in GERMANIA). Un fucile
mitragliatore sovietico PPsh-41, conservato Omaha Beach Memorial Museum.
Nelle foto d’epoca, scattate in Normandia, non si vede mai quest’arma ma la
conservazione di questo cimelio è la dimostrazione che fosse in uso anche
nell’ovest europeo (FC@G) La
notte del sei giugno furono i corpi di guardia a uscire di pattuglia, intorno
al caposaldo WN5 catturando diversi paracadutisti, americani, che cercavano
di raggiungere il litorale per sabotare le batterie difensive tedesche. La
mattina del sei giugno, i corpi di guardia resistettero ai due bombardamenti
infilandosi nei rifugi bunkerizzati in cemento (ne esiste ancora uno di questi rifugi ma si
trova in un’area recintata e privata). Fisicamente ed emotivamente provati, i
soldati della 709a divisione, si posizionarono nelle trincee e attesero
l’arrivo degli Americani. La loro resistenza durò poche ore, visto che
avevano munizioni in bassa quantità giusto per tenere la linea di fuoco per
tre o quattro ore al massimo. A dare il segnale di resa, furono i
sottufficiali stessi a uscire per primi con bandiere bianche di fortuna,
senza quindi altro spargimento di sangue da parte di costoro verso gli
angloamericani. Il
figurino e la sua uniforme Il
figurino è la riproduzione di un caporale (Gefreiter) in capo ad uno dei
corpi di guardia presenti a UTAH BEACH (709a
Divisione di fanteria) e che furono protagonisti di diversi episodi degni
di essere menzionati. Quasi
tutte le parti, utilizzate per il soggetto, sono DRAGON tranne testa e mani.
La testa era prodotta da NEW WORLD e scolpita da Sua Maestà Raul Garcia
LATORRE. Il viso l’ho scelto perché ricordava, molto, quel soldato tedesco,
protagonista nel film “SALVATE IL SOLDATO RYAN”, interpretato dall’attore Joerg
STADLER, manco a dirlo tedesco. Il
caporale indossa una giubba M1933 in panno con cinque bottoni, quelli
originali del figurino li ho rimossi e ne ho realizzati di nuovi con
dell’alluminio (ne ho lasciato uno
giusto per mostrare la differenza tra le due versioni). Semplificando la
giubba, per esempio eliminando i cannelli centrali delle quattro tasche
esterne, si può ottenere una drillichrock tipica di
quel periodo. Piccola nota, relativa a giacca e pantaloni
in tela pesante: la giacca doveva durare due anni mentre i pantaloni uno. Il
clima primaverile della NORMANDIA è freddo nelle ore notturne e un caporale
di allora, sicuramente, preferiva svolgere i turni di guardia indossando
un’uniforme pesante piuttosto che la drillichrock. I
bunker, presenti ancora oggi a UTAH BEACH, non erano coibentati e le parenti
erano a contatto con l’esterno; per tali ragioni possiamo supporre che
all’interno dei bunker vi fosse una certa umidità e che le ore di riposo si
passavano da vestiti e straiati nelle spartane brande
di tela. Di certo all’interno era freddo, e non vi erano stufe o altri modi
per riscaldarli. I
pantaloni, quelli in polistirene di DRAGON, sono perfetti per replicare sia
quelli in panno sia quelli in tela; nel caso si preferisca quelli in tela,
occorre togliere qualche piega di troppo e smussarne altre troppo pronunciate
o troppo acute. Le
righe delle cuciture, interne come esterne, le ho ritracciate poiché in parte
erano poco evidenti e, in alcuni punti, non troppo precise. Gli
stivali sono ricavati da un altro set di gambe, ma sempre DRAGON, e poi
adattati alle gambe che avevo scelto in precedenza. Le
braccia e il tronco sono provenienti dal mitico set DRAGON “GERMAN ARTILLERY
CREW” (cod. 6201) opportunamente
modificate le prime mentre il busto ha subito una serie di migliorie. Ho
eliminato, dal tronco, il colletto chiuso (nell’uniforme tedesca, dal 43 in poi, non si usava più ma si portava
aperto e con i risvolti in mostra) e la cinghia che sarebbe servita per il porta maschera antigas, le spalline ricostruite ex-novo
con Plasticard e il solito alluminio punzonato per ottenere i bottoni. Il
grado, sul braccio sinistro, è in Plasticard e le mostrine sul colletto sono
fotoincise. La
mano sinistra è DRAGON mentre la destra è NEMROD. Le
giberne e la baionetta sono sempre DRAGON mentre la fondina per la pistola è
un vecchissimo pezzo di ESCI; questo dettaglio replica perfettamente una
delle classiche fondine, preda di guerra, che era fornita ai caporali che
prendevano in carico il corpo di guardia di un WN. Modellistica vintage per i
fanatici dei figurini… Il
cavallo di FRISIA è un altro pezzo di storia modellistica di oltre vent’anni
fa: è di ITALERI e credo sia ancora oggi in produzione. La mina TELLER è un
pezzo a me sconosciuto, arrivato nel mio laboratorio non so più come (forse frutto di uno degli infiniti scambi
che noi modellisti ci facciamo). Per la colorazione ho seguito le regole
solite, senza necessarie innovazioni se non una curiosa particolarità che ora
Vi descriverò. Premetto: ogni volta che dipingo un’uniforme tedesca, del
secondo conflitto, ho il panico da “feldgrau”. Ogni
figurino mi pare che sia il primo in quella tonalità, quindi realizzo decine
di versioni “feldgaru” prima di trovare quella
giusta. Giusta solo per quel figurino, ovviamente. I
pantaloni normalmente li dipingo più scuri e con meno luci; in questo modo la
giacca, elemento che tra i due attrae maggiormente l’attenzione
dell’osservatore, sarà più facile da schiarire e richiederà un numero di
passaggi minori nella fase di lumeggiatura. Per la
giacca, però, stavolta ho cercato di mettere in pratica un consiglio che
molti anni fa mi suggerì un pittore. Mi
consigliò di aggiungere, alla base di feldgrau più
scura, dei passaggi molti leggeri di semplice viola. Si! Avete letto giusto:
viola! Le
sfumature di feldgrau, con più luce, si sono
sovrapposte alle pieghe più profonde che mantengono la loro caratteristica ma
con maggiore morbidezza, data dal viola, rispetto al feldgrau
scurito con marrone o con del semplice nero (regola d’oro di Alberto MUSSINI: “Mai realizzare le ombre con il
nero!”). Per
concludere la descrizione del soggetto, per la parte pittorica, il Gefreiter porta con se una
improvvisata bandiera bianca, fissata a un tubo di metallo. Del semplice rame
in foglio andrà più che bene rispetto a una realizzazione con stucco o
plastica. L’ambientazione l’ho realizzata cercando di
riuscire nell’impresa, non semplice, di impiegare un Cavallo di Frisia su una
base quadrata. Anche
la modellistica ha le sue spietate regole, così come il disegno tecnico o la
replica di paesaggi, che “vietano” gli spazi morti cioè non occupati dal
figurino o da un elemento decorativo. Mettendo l’ostacolo, purtroppo, questo
crea un‘area vuota al suo lato. Il figurino, poi, deve essere posto in
evidenza. La soluzione, al buco scenografico che si formerebbe, è stata
l’applicazione di un’illusione ottica. L’ostacolo l’ho ridotto nelle dimensioni di
uno dei tre appoggi, in questo modo può stare in un’area ridotta e lascia il
giusto spazio al figurino. Il
terreno, quello reale in prossimità della spiaggia, è molto chiaro, ricorda
un misto di sabbia e cemento. Riprodurlo nella stessa tonalità avrebbe messo
il figurino troppo in risalto. Ho preferito quindi aggiungere della tonalità
più viva applicando, vicino all’erba, dei pigmenti puri della tonalità Terra
di Siena Bruciata. Bibliografia: Paul
CARRELL “SIE KOMMEN!”, BUR (1998) Antony
BEEVOR “D-DAY, LA BATTAGLIA CHE SALVO’ L’EUROPA”, RIZZOLI (2010). Gordon A. HARRISON “UNITED STATES ARMY IN WORLD WAR
II, EUROPEAN THEATER OF OPERATION: CROSS-CHANNEL ATTAK” (1951). Adriano
BOLZONI “I DANNATI DI VLASSOV, MURSIA EDITORE (1991). Uniformi
& Armi, numeri 59 e 60 (Febbraio e marzo, 1996). Uniformi
& Armi, numero 88 (Luglio 1998). Fonti: www.feldgrau.net Riferimenti
storici generali sul D-DAY e la BATTAGLIA DI NORMANDIA: US ARMY CENTER OF MILITARY HISTORY
(www.history.army.mil/). |
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