NISE, "work-shop" 2009 - 2019

Soldato dell’Armata Rossa

Fronte dell’Est – Battaglia di Berlino

2 maggio 1945

 

Elaborazione figurino di produzione, scala 50mm

Marzo 2019

 

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La Battaglia di Berlino e una foto di allora

 Le foto della Battaglia di BERLINO sono oramai passate alla storia e sono note ai modellisti di figurini dedicati alla Seconda Guerra Mondiale.

 Di alcune conosciamo sia l’autore (o presunto tale) sia il contesto in cui furono scattate. Tra le tante foto, una è ultra famosa, anzi tre scatti di questa.

 I tre scatti riprendono un soldato dell'Armata Rossa accanto a un SS-Hauptsturmführer (capitano) morto, il cui corpo pare abbandonato nel mezzo di una strada berlinese.

 In molti hanno cercato, negli anni, di identificare la strada in questione e in molti ormai l’hanno identificata come FRIEDRICHSTRASSE e più precisamente l’incrocio tra CHAUSSEESTRAßE e ORANIENBURGER STRAßE (vedere mappa di BERLINO).

 Osservando bene i tre scatti, si può notare a sinistra l’ingresso della metropolitana (corrispondente a Kochstrasse U-Bahn station).

 La foto, o le foto meglio dire, risulta una voluta costruzione scenografica per ragioni di propaganda; questo spiega il ripetersi in tre scatti da tre diverse posizioni sia del fotografo sia del fante sovietico.

 

 

 Chi era quel soldato dell’Armata Rossa? Dall’uniforme, in uno scatto, parrebbe un caporale ma potrebbe trattarsi di un effetto della pellicola e non gradi cuciti che erano di stoffa rossa e difficilmente avrebbero potuto riflettere luce.

 Comunque di lui non sappiamo nulla e nulla è stato mai fatto per rintracciarlo; non si deve escludere che potrebbe essere a sua volta deceduto nelle ore successive durante gli ultimi e drammatici combattimenti.

 Altro elemento che ha avuto negli anni molte interpretazioni, l’ufficiale tedesco, o presunto tale, sdraiato a terra ormai privo di vita.

 Dovrebbe trattarsi senza alcun dubbio di un capitano delle Waffen-SS appartenente, con buone probabilità, al SS-Panzergrenadier-Regiment 24° Danmark Divisione NORDLAND.

 La foto, da parte di alcuni ricercatori ed esperti di uniformi, è stata schiarita e messa a fuoco in modo che si evidenziassero i distintivi tipici delle uniformi delle Waffen-SS; si nota sul braccio sinistro l’aquila nazionale e sotto lo scudo della Divisione NORDLAND portato dai volontari danesi. Le mostrine sul colletto evidenziano nettamente che si tratta di un capitano delle Waffen-SS e non di un appartenente ai paracadutisti.

 Alcuni elementi a contorno, come Fallschirmjägergewehr FG-42 (fucile automatico utilizzato prevalentemente dalle Forze paracadutiste tedesche) e l’elmetto sempre delle Forze aviotrasportate tedesche, hanno spesso ingannato la corretta identificazione del soggetto.

 

 

 Da alcuni anni vi sono dei sostenitori secondo cui l’ufficiale morto sarebbe SS-Hauptsturmführer Hermann LÜHRS. Non torna però il fatto che il suo corpo fosse in quella via nei giorni tra il 1° e il 2 di maggio.

 Piccola parentesi: dagli archivi dell’ex URSS la foto risulterebbe scattata il primo maggio ma in altri documenti parrebbe databile al giorno successivo.

 Secondo i nipoti di LÜHRS, e dai documenti della Divisione NORDLAND, l’ufficiale si sarebbe suicidato il 24 aprile e non avrebbe potuto essere lì ancora dopo sette giorni dalla data del suo suicidio. Teniamo conto che quella strada era percorsa da ogni tipo di mezzo militare e oggetto di esplosioni di ogni sorta; se non altro qualche anima pietosa avrebbe potuto trascinarlo al bordo della strada. Domanda: come fu possibile, allora, che il corpo rimanesse in quella posizione quanto mai artificiosa per così tanto tempo?

 A complicare il tutto vi è un libro “Troskab - Dansk SS-frivillig E.H. Rasmussens erindringer 1940-45" di Peter MØLLER HANSEN, nel quale si riporta che LÜHRS sarebbe deceduto il 28 aprile. Anche posticipando la morte dal 24 al 28 le cose non cambiano di molto.

 Insomma, domande che non hanno ancora risposte assolute per tre semplici scatti fotografici.

 

 

Il figurino

 L’idea di base, di ricreare il solo soldato russo a BERLINO, l’ho avuta lavorando con i figurini di ALANGER.

 Non era mia intenzione riprodurre la scena completa e questo per due ragioni: la prima prettamente umana e cioè di rispetto al soldato tedesco morto (non credo che qualcuno possa obiettare quanto già macabra era la posizione in cui “qualcuno” volontariamente lo aveva collocato), la seconda di ragione modellistica (e qui si può obiettare a piacimento) perché la scena avrebbe assunto delle dimensioni di dubbio gusto e modellisticamente di bassa qualità visto che due soli soggetti li avrei dovuti posizionare a una tale distanza tra loro che avrebbe richiesto una base delle dimensioni non inferiori agli 8 - 10 centimetri di lunghezza e almeno 5 di profondità (i fratelli CANNONE, nel lontano 1999 a SAINT VINCENT, mi avevano insegnato che troppa distanza tra due soggetti rende dispersiva la scena globale).

 Elemento fondamentale e successivamente deciso, per me, era che il figurino non dovesse essere la copia del soggetto delle foto ma la sua rappresentazione dinamica e umana.

 A tale scopo, se notate, il piede destro non tocca il suolo ma resta sospeso dando, spero, un senso di movimento al figurino stesso.

 

  

 

 Il figurino l’ho assemblato con parti differenti e sostituita la testa (produzione ICM) mentre la mano destra è la ormai eterna NEMROD appartenente ad un set sempre più introvabile sul mercato.

 Il caricatore è di produzione DRAGON e il fucile mitragliatore, PISTOLET PULEMET SHPAGINA PPSh-41, è di TAMIYA.

 La base in legno è un cubo di 5 x5 centimetri su cui ho montato un selciato a sanpietrini; il pezzo di muro diroccato l’ho scolpito partendo da un blocchetto di scagliola grezzo.

 Ho aggiunto tanti calcinacci in mezzo ai quali rimanevano le tracce dei combattimenti sanguinosi: bossoli, una pistola, delle bombe a mano e un elmetto.

 

 

 L’ambientazione l’ho dipinta solo con colore nero opaco e sue sfumature tendenti al grigio metallico.

 Il mio scopo era di mostrare il solo figurino e di “appiattire” l’ambientazione come se questa, con il suo nero e relative sfumature, non fosse altro che la mera e drammatica rappresentazione della devastazione di BERLINO al finire della battaglia che, per quasi tre settimane, la ridusse a un cumulo di morti e di macerie.

 

 Immagini qui pubblicate sono dell’Archivio storico militare russo (RGVIA) e risultano di dominio pubblico.

 

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