NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2013
AUSILIARIO, GENIO ZAPPATORI FRANCESI. |
Pittura e grafica | ||
la
base MM
Ammassa Zena Nel
greto del torrente
Ugo Foscolo
Minestre e carne d'asino e di cane Nei diversi quartieri
della città si vendettero minestre a modico prezzo nelle quali, in
mancanza di legumi, si mettevano erbe farmaceutiche come malva,
altea e simili.
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Galleria napoleonica
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Bibliografia e riferimenti
documentali: |
Cronaca di un assedio
Questo però è solo uno dei tanti
antefatti che portano GENOVA al 1800. Per raccontare i giorni e i mesi di quel semestre del 1800, ci affidiamo a stralci di vari articoli pubblicati in passato e alle pubblicazioni redatte da David CHANDLER. Nel 1799, assente BONAPARTE perché impegnato nella campagna di EGITTO (1798-1800), i Francesi avevano subìto nella pianura Padana, dall'Adige a Novi, una serie di sconfitte che li avevano portati a difendere una sottile porzione di territorio ligure lungo la costa, quale unico canale di contatto con la patria francese. Questa situazione aveva portato BONAPARTE, Primo Console, all'idea della seconda campagna d'Italia: fare dell'armata comandata dal suo amico il generale MASSENA l'esca per trattenere intorno a Genova le forze austriache del generale MELAS, mentre lui con l'altra armata, detta di Riserva, sarebbe sceso attraverso le Alpi nella pianura padana, per affrontare gli Austriaci nella battaglia decisiva. L'offensiva austriaca
contro l'armata di MASSENA ebbe inizio il 6 aprile. Dalla parte del
levante in località RECCO, il generale OTT mosse con diecimila
uomini contro le posizioni nemiche, poste a difesa della città
sfruttando il letto del torrente BISAGNO, costringendo i Francesi a
ripiegare verso GENOVA (il torrente scende perpendicolare al mare
tagliando simbolicamente oggi la città). Destò sempre un
certo stupore il fatto che una grande e ricca città passasse, nel
giro di poche settimane, dalla normalità alla carestia più nera. A
questo proposito si sono viste più possibili cause, tra le
principali il mercato nero con le zone dell'entroterra dove molte
famiglie si erano trasferite in previsione della guerra e poi un
traffico legato alle questue forzate che le gendarmerie francesi e
austriache imponevano ai comuni agricoli della città in cambio di
una tutela da violenze di ogni sorta da parte di chiunque. Vi si
aggiunga che la pesca, fonte di approvvigionamento alimentare per
una grossa fetta del centro storico della città, venne a mancare a
causa della presenza di navi inglesi che cannoneggiavano anche i
battelli dei pescatori. Da un punto di vista militare, l'assedio di GENOVA non offre spunti di particolare interesse. MASSENA si limitò ad usare i pochi uomini che gli restavano per tenere il nemico lontano dalle mura e dalle colline, soprattutto quelle del quartiere di ALBARO e del Santuario della Madonna del Monte, a tiro di cannone dall'abitato. Servì a poco perché, nella seconda metà di maggio, per fiaccare il morale dei Genovesi, a pesanti bombardamenti terroristici provvidero le navi inglesi. I mali peggiori furono le malattie e la mancanza di cibo: favorita dalle privazioni si diffuse in città un'epidemia di febbre intestinale. Per combattere
la carestia in città e nei dintorni, MASSENA organizzò cucine
all'aperto che fornivano zuppe di vegetali a chi non aveva neanche
un fornello (molte persone, prive di tutto, dormivano nei porticati,
sui sagrati delle chiese e lungo le "muragliette" che circondavano
il porto); ricorse infine a dei "buoni" con cui i poveri venivano
assegnati, nominalmente, a famiglie benestanti dalle quali
ricevevano, ogni giorno, un po' di aiuto per sopravvivere. Anche
molti cosiddetti "ricchi" dovettero adattarsi a disperate ricerche
di cibo, raccogliendo nei campi, a ridosso delle mura, erbe
commestibili, nonché comprando dai contadini, a peso d'oro, persino
i baccelli vuoti delle fave. Si scatenarono cacce a gatti e cani, si
cucinarono topi e pipistrelli, divennero prelibatezze il miglio e la
scagliola degli uccellini. Si denunciarono forme di speculazione e
adulterazioni criminali. Nei palazzi si riducevano in farina, con
macinini d'argento usati di solito per le spezie e per il caffè,
scorte di grano conservate gelosamente in segreto. Parve una ventata
di follia il fatto che nella città, stremata, si diffondesse la
vendita di confetti e zuccherini. La "Gazzetta nazionale", l'unico
giornale che veniva pubblicato in quei giorni, si abbandonò
all'ironia pensando che un po' di buon umore sarebbe servito a far
dimenticare, per un istante, le sofferenze. Scaduto il
termine indicato da Bonaparte, senza notizie dell'Armata di Riserva,
MASSENA il 2 giugno accettò di trattare la resa. In una cappelletta
allora esistente a metà del ponte di CORNIGLIANO, attorno ad un
piccolo tavolo, presero posto il generale OTT, l'ammiraglio inglese
KEITH, MASSENA e il ministro Luigi CROVETTO per la Repubblica
Ligure. I vincitori si mostrarono troppo generosi e concessero
quasi tutto quanto MASSENA chiedeva. Sembravano dominati da una gran
voglia di concludere. I Francesi non sapevano che MELAS aveva
ordinato di chiudere al più presto la partita con GENOVA perché
BONAPARTE si stava avvicinando. Il Primo Console seppe della resa di
MASSENA da una lettera presa ad un corriere nemico che galoppava
verso VIENNA.
I fatti qui narrati non ebbero nel
tempo ripercussioni morali e politiche forti e durature. Di certo la
perdita dell'indipendenza politica e militare, nel passaggio alla
conduzione dei Francesi, generò i sentimenti patriottici che poi
oltre trent'anni dopo diedero inizio al Risorgimento italiano e che
trovò in GENOVA uno dei punti di origine. Fu anche la sconfitta
politica e morale della Rivoluzione francese e del movimento
repubblicano che poi anche in FRANCIA collassò con la presa del
potere in forma monarchica da parte del BONAPARTE.
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