NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 – 2013

 

NORD AFRICA 1941:

ROMMEL SBARCA A TRIPOLI E CONQUISTA BENGASI

Agosto 2013

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 Nel Natale del 1940 Erwin ROMMEL interruppe la sua licenza per riorganizzare le truppe a lui in carico e di stanza in FRANCIA. Egli era convinto che l’anno successivo sarebbe stato impegnato sul fronte europeo.

 Non amava l’idea del fronte est ma capiva che, se desiderava far carriera e diventare maresciallo, doveva avere una sua guerra.

 Ma, a febbraio del 41, ricevette l’ordine di non occuparsi più della sua divisione di fanteria ma di recarsi immediatamente a BERLINO in udienza dal FUHRER dal maresciallo von BRAUCHTISCH.

 Solo di persona gli comunicarono che doveva recarsi in LIBIA e, con il supporto di due divisioni (la Quinta Leggera e la Quindicesima Corazzata), dare massimo supporto alle truppe e al comando italiano che erano stati attaccati dagli Inglesi comandati dal generale WAVELL.

 Le due divisioni sarebbero sbarcate a TRIPOLI a partire dalla metà di febbraio per poi completare il numero degli effettivi (uomini e mezzi) entro la fine di maggio.

 ROMMEL sarebbe stato agli ordini del generale GRAZIANI, con lo scopo di garantire la difesa non solo di TRIPOLI ma di tutta la regione della TRIPOLITANIA.

 Gl’Italiani stavano ritirandosi verso TRIPOLI, cedendo tutta la linea compresa tra sud ed est. ROMMEL quindi propose di spostare la linea difensiva nel GOLFO DELLA SIRTE, salvando dalla caduta il porto di TRIPOLI che rimaneva il fulcro vitale per i rifornimenti alle truppe italo-tedesche.

 Incontrò, a ROMA, ai primi di febbraio, il generale GUZZONI che approvò la sua strategia difensiva. Dopo la sosta a ROMA, raggiunse CATANIA e lì incontrò il generale GEISSLER (comandante in capo al 10° Corpo della LUFTWAFFE).

 Quest’ultimo gli mostrò un quadro critico della situazione dato che in quei giorni gl’Inglesi avevano invaso la CIRENAICA e si stavano dirigendo alla conquista di BENGASI.

 WAVELL incalzava sempre di più le truppe italiane che fuggivano verso TRIPOLI, perdere il porto sarebbe stata una sconfitta decisiva per il ritiro delle truppe italiane dalla LIBIA. L’AFRICA, se perduta, sarebbe diventata la perfetta base per lanciare attacchi al sud EUROPA: ITALIA, GRECIA e JUGOSLAVIA. I Tedeschi non volevano quindi aprire il terzo fronte ma capivano che gl’Italiani non erano in grado di reggere contro gl’Inglesi.

 Le difese italiane cedevano, le divisioni si ritiravano o si arrendevano senza opporre resistenza, allora ROMMEL cercò di dare un freno alla situazione scongiurò GESISSLER di bombardare BENGASI e le colonne di soldati e mezzi corazzati inglesi che vi stavano confluendo.

 A complicare la situazione tra i comandi alleati dell’ASSE, arrivò la notizia che il generale GRAZIANI veniva sostituito dal generale GARIBOLDI. Per ROMMEL significava ricominciare da capo per persuadere il nuovo arrivato le sue strategie per difendere TRIPOLI e spostare il fronte nel GOLFO della SIRTE.

 GARIBOLDI non fu d’accordo sul piano e fece presente che le forze italiane erano poche, male armate e fortemente demotivate (in merito a quest’ultimo aspetto, vi è da riferire che molti ufficiali italiani tentarono d’imbarcarsi per l’ITALIA utilizzando navi ospedale dirette in patria).

 Come si è compreso, ROMMEL voleva spingersi oltre la sola difesa di TRIPOLI. E non solo. Per lui era giunto il momento di pretendere il comando supremo delle forze italo-tedesche presenti in AFRICA.

 Un’ambizione troppo elevata che era criticata anche dal generale von RINTELEN, addetto militare tedesco a ROMA, al punto di fargli pronunciare la frase “Con ciò si può perdere onore e reputazione”.

 

 La volpe del deserto però perseguiva il suo obiettivo, scavalcando gerarchie e gl’ordini che gli giungevano da ambo gl’alti comandi. Non prese minimamente in considerazione il divieto, imposto da GARIBOLDI, di sorvolare il territorio intorno a TRIPOLI  e la zona di BUERAT vicino a SIRTE.

 Ma questa esplorazione aerea confermò che occorreva quanto prima fortificare SIRTE, fortificare e sorvegliare i fianchi della via BALBIA e approntare delle unità motorizzate per la guerra di movimento nel deserto. ROMMEL fu sorpreso, vedendole del suo aereo, della colonizzazione italiana del deserto e che rendeva quella terra più florida e meno inospitale.

 Circa il suo arrivo a TRIPOLI, molti aneddoti veri o presunti ancora oggi si raccontano. Uno dei più noti riguarda lo sbarco a metà febbraio nel porto della città. MUSSOLINI, anche per tenere buoni i comandanti italiani furiosi per l’arrivo del maresciallo tedesco, annunciò che i Tedeschi sarebbero arrivati nel nord AFRICA con una imponente divisione corazzata. In realtà furono sbarcati pochi carri armati, diversi semoventi e camion ma non nei numeri millantati dal Duce. Resosi conto di ciò, anche per ingannare le spie inglesi che operavano a TRIPOLI, ROMMEL fece sbarcare di notte i corazzati e la mattina li faceva girare in tondo per la città allo scopo di far credere che ve ne fossero a centinaia.

 Un altro aneddoto ma meno conosciuto, e forse non del tutto vero, riguarda la giacca dello stesso ROMMEL. Egli aveva portato con se quelle in panno e che di norma destinava per gl’incontri ufficiali e per le serate in cui si riuniva con gl’alti ufficiali italiani. Premessa: era solito richiamare chi si lamentava del troppo caldo e di sudare troppo. Pare che un pomeriggio ne indossò una, nonostante la temperatura fosse ancora alta. Ebbe luogo una riunione che terminò per l’ora di cena. Alzatosi dal tavolo di lavoro invitò i camerati nella sala da pranzo, precedendoli. Con generale imbarazzo, ROMMEL aveva la giacca, dietro la schiena e sotto le ascelle, talmente intrisa di sudore al punto che era diventata quasi nera. Solo dopo quell’episodio, pare che avesse deciso finalmente di farsene confezionare diverse in cotone naturale molto leggere e fresche.

 A fine febbraio arrivarono nuovi ordini da MUSSOLINI che consegnavano nella mani del maresciallo il comando generale, l’obiettivo era stato raggiunto.

 Senza aspettare un solo istante, ROMMEL ordinò alla X Armata italiana di provvedere alle difese di BUERAT e SIRTE.

 Qui una brutta notizia piovve su ROMMEL:la Divisione ARIETE , a nord di BUERATM disponeva solo di sessanta carri armati leggeri e non in buone condizioni.

 Intanto continuavano gli arrivi dei carri armati medi tedeschi mentre gl’Italiani erano in marcia da TRIPOLI verso SIRTE. Non molti uomini e male equipaggiati percorsero i 400 km grazie alla copertura aerea che il maresciallo aveva richiesto.

 Vi erano altri nemici di cui ROMMEL doveva tenere conto prima di spostare il fronte a est: la mancanza di vie di comunicazione, la mancanza di una linea ferroviaria che non si sa bene gl’Italiani non hanno mai costruito, l’approvvigionamento costiero che hanno organizzato gl’Italiani e che funziona con scarsi risultati.

 Quindi si requisiscono tutti i mezzi di trasporto che possono portare carri armati verso il fronte. Per trasportarne uno, da TRIPOLI a SIRTE, ci vogliono venti ore di viaggio ininterrotto.

 

 Da sud gl’Inglesi attaccano i convogli pesanti, ROMMEL li trasferisce sulle navi che costeggiano il GOLFO della SIRTE. E sono litigi a non finire con la Marina italiana.

 Per tenere lontani i nemici dalla VIA BALBIA, ROMMEL prende dei maggioloni della VOLKSWAGEN e li camuffa da blindati facendo costruire delle sagome di legno e aggiungendovi dei tubi che simulano potenti mitraglie e cannoni. Il trucco funzionò, e gl’Inglesi gli riconobbero l’appellativo di fantasista tattico.

 A marzo ROMMEL sposta il suo comando operativo a SIRTE, e l’occasione porta per la prima volta il nostro comandante a fare esperienza personale con il temuto vento del deserto: il GHIBLI. Lo descrive come qualcosa al di là delle normali percezioni umane di eventi naturali straordinari. Rimase colpito dalla forza d’urto che era improvvisa e raramente percepita in anticipo, da quella polvere sottile e soffocante che rendeva gli uomini ciechi e incapaci di poter compiere qualsiasi azione come quella di riuscire a spostarsi alla ricerca di un riparo.

 Nonostante il GHIBLI, la sete cronica, le precarie condizioni sanitarie date dal caldo e le snervanti discussioni con i comandanti italiani, ROMMEL e i suoi AFRIKA KORPS si spinsero fino a AGEDABIA. L’avanzata procedeva senza troppi scontri e, tutto sommato, le truppe italiane davano segno che se ben comandate potevano essere utili in combattimento.

 In aprile ROMMEL riconquistò BENGASI spingendosi, come aveva promesso, verso est in direzione TMIMI con lo scopo d’inseguire gl’Inglesi e per infliggere loro molte perdite.

 Da li, si diresse con slancio ancora più a est in direzione di EL MECHILI. La conquista della località fu lenta e con diverse perdite dato che l’avversario, avendo guadagnato distanza dopo la fuga da BENGASI, si era saputo velocemente riorganizzare e ricongiungersi con proprie truppe fresche e ben armate.

 Per coloro che sono interessati alle fortificazioni realizzate in nord AFRICA, si rimanda la lettura dello scritto postumo di ROMMEL dove egli racconta con minuzia di dettagli come BENGASI fosse stata fortificata dagli Inglesi.

 

 Tornando alla conquista di BENGASI, questa fu completata con la ripresa di tutta la regione della CIRENAICA e di capisaldi importanti come DERNA.

 Secondo ROMMEL, a quel punto, si doveva continuare a incalzare il nemico ed arrivare fino ad ALESSANDRIA. Solo con l’inseguimento immediato egli avrebbe avuto la meglio sul nemico. Le truppe inglesi avevano più rifornimenti di quelle italo-tedesche e la loro logistica poteva contare su un continuo supporto navale ed aereo.

 Durante la conquista di DERNA furono catturati i generali inglesi NEAME e O’CONNOR, presi oltre 800 soldati inglesi e recuperato moltissimo materiale bellico e alimentare.

 In merito alle problematiche alimentari, ROMMEL dovette combattere assiduamente contro i responsabili del comando logistico italiano. Questi, a seguito di accordi tra i due comandi e con il benestare dei rispettivi MUSSOLINI e HITLER, avevano la responsabilità di provvedere alle derrate alimentari anche per la truppa tedesca.

 Se le condizioni climatiche mettevano a dura prova giovani soldati e ufficiali tedeschi, l’alimentazione fornita dal comando italiano non fu meno causa di problemi di ogni sorta.

 Dall’ITALIA, già nelle ristrettezze alimentari di suo, arrivava poca carne fresca, poche verdure e frutta (si era convinti che in AFRICA ve ne fosse in quantità più che sufficienti e proveniente dalle stesse colonie libiche). Arrivava pasta, conserva di pomodoro, insaccati di maiale, marmellate e legumi. Questi erano tutti alimenti sconsigliati per una dieta nel deserto, tenuto conto che erano poco ricchi di vitamine e minerali (si dice che la marmellata fosse oltre che insapore, ricca solo di pectina e zucchero). Gl’ufficiali tedeschi erano, dopo pochi mesi di loro permanenza al fronte, stanchi di piatti di pasta condita con pomodoro, la carne e il tonno in scatola che erano trattati con la presenza di troppi sali che facevano venire una sete oltre la misura (un soldato tedesco mediamente poté contare su una quantità d’acqua da bere compresa tra i tre e i quattro litri).

 Per altri alimenti si dovevano aspettare i convogli via mare che la GERMANIA allestiva e che spesso non arrivavano a causa del serrato blocco navale creato dagli Inglesi.

 

 Le bevande erano scarse e spesso erano vino rosso, karkadè, caffè o suoi derivati. Birra poca e solo dalla GERMANIA. Si ricorse anche a bevande in sciroppo (tamarindo, menta, orzata) ma vi era il problema dell’acqua che quasi sempre era calda e che rendeva queste bevande nauseanti dopo pochi sorsi. Pesce fresco ve ne era ma non vi era modo di trasportarlo all’interno per mancanza di ghiacciaie necessarie alla conservazione.

 Infine il pane. Non se ne riusciva mai a produrre a sufficienza, non solo per mancanza di materia prima ma di strutture per cuocerlo. La carenza, a giugno del 1941, fu tale che obbligò la GERMANIA a studiare e produrre pane a lunga conservazione.

 A livello locale vi era la possibilità di rifornirsi di cibo fresco ma spesso tali cibi e bevande mettevano a dura prova le viscere dei Tedeschi , già sofferenti di forme di dissenteria. Localmente poi questi prodotti erano costosi e, dopo le violenze causate dagli Italiani verso le donne e la popolazione libica, i locali erano poco inclini a venderli anche ai Tedeschi.

 Altro problema da risolvere era la pulizia del vestiario che, si può immaginare, dopo solo una giornata nel deserto, era spesso sporco e maleodorante. Venne approntato un servizio di lavanderia sulla costa ma le richieste e il trasferire la biancheria e le divise era spesso arduo. Si sfruttarono tutti i metodi possibili di lavaggio e pulizia, specie la bollitura per uccidere pulci e pidocchi. Per le truppe di stanza nel deserto vi era l’uso di acqua di mare grossolanamente dissali nata e in alcuni casi l’impiego della benzina nella quale venivano tenuti i vestiti al fine di disinfestarli. Quindi, oltre al sole, a scolorire le uniformi ci si mise il sale e i solventi della benzina.

 Quotidianamente il soldato di ROMMEL non faceva una gran bella vita, se non combatteva poteva riposare nelle retrovie dove l’unico svago spesso era dormire o giocare a dama. Le oasi garantivano riposo e acqua, niente mosche (unanimemente riconosciuto, da tutti, come uno dei flagelli della guerra nel deserto) temperature meno alte ma per il resto nulla: niente donne, niente cinema, niente ritrovi.

 E queste carenze di svago furono un problema non da poco sia per i Tedeschi come per gl’Italiani. I casi di depressione furono alti, cui sommarono quelli di pazzia da deserto e da stress da combattimento. La conquista di BENGASI, scrisse un reduce italiano, invogliò i soldati a combattere per conquistare la fortezza e poi correre nei rifugi inglesi a fare incetta di sigarette, liquori e riviste con foto di allegre donnine e giovani ragazze.

 La guerra in AFRICA non fu spietata e sanguinaria come quella in RUSSIA o in EUROPA ma di romantico e avventuroso aveva anch’essa ben poco. Fu però una guerra tra tre eserciti che, nella maggior parte dei casi, seppero combattere senza macchiarsi di atrocità e inutili spargimenti di sangue. Una guerra, appunto, senza odio.

 

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