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“Sahara”

Film, 1943

Luglio 2020

 

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Galleria 2° Conflitto mondiale

 

Documentazione 2° Conflitto mondiale

 

 

La locandina del film (doctormacro.com)

 

“Sahara”, 1943

 

Regia Zoltán KORDA

Soggetto di Philip MACDONALD

Sceneggiatura di Zoltán KORDA, John Howard LAWSON, James                                                                                                             O'HANLON

Produttore Harry Joe BROWN

Fotografia Rudolph MATÉ

Montaggio Charles NELSON

Musiche Miklós RÓZSA

 

Durata 97 minuti

Pellicola bianco e nero

 

Interpreti principali:

Humphrey BOGART: sergente Joe GUNN

Dan DURYEA: Jimmy DOYLE

Bruce BENNETT: Waco HOYT

Richard NUGENT: capitano HALLIDAY

J. Carrol NAISH: il soldato italiano Giuseppe

Lloyd BRIDGES: soldato CLARKSON

Rex INGRAM: il sergente sudanese TAMBUL

Louis MERCIER: Jean LEROUX, il soldato francese

Patrick O'MOORE: soldato Osmond BATES

Guy KINGSFORD: soldato Peter STEGMAN

Carl HARBORD: il soldato WILLIAMS

Kurt KREUGER: il pilota tedesco capitano von SCHLETOW

John WENGRAF: il maggiore Von FALKEN

 

 

La trama

 L'equipaggio di un carro armato americano M3 Lee, collegato all'ottava armata britannica, è comandato dal sergente Joe GUNN.

 Il carro armato si trova nel pieno dell’avanzata tedesca per la conquista di TOBRUK, cerca di muoversi verso sud per raggiungere le linee inglesi attraversando il deserto libico.

 GUNN e il suo equipaggio, doyle e "Waco", nel loro attraversare il deserto raggiungono un ospedale da campo inglese bombardato, i pochi sopravvissuti sono raccolti e con i tre americani riprendono la loro marcia verso le linee amiche in EGITTO.

 Questo è solo il primo di una serie di incontri che ovviamente servono a raccontare le diverse facce ella guerra nel nord AFRICA.

 Il secondo incontro è con il sergente sudanese maggiore TAMBUL e nel suo prigioniero italiano, Giuseppe.

 TAMBUL sa dove si trova un pozzo di acqua potabile, dislocato presso la località di HASSAN BARANI. Sulle prime GUNN vorrebbe abbandonare al suo destino il soldato italiano ma poi, mosso da pietà, lo fa salire sul carro insieme agli altri soldati e al suo equipaggio.

 Avviene poi il terzo incontro, o meglio lo scontro, con il capitano von SCHLETOW, pilota della LUFTWAFFE, che attacca con il suo MESSERSCHMITT BF 109 il carro tedesco; ma la mitragliatrice del carro americano colpisce e abbatte il caccia nemico. Von SCHLETOW, si lancia con il paracadute ma è costretto inevitabilmente ad arrendersi. Purtroppo uno dei soldati inglesi resta ferito gravemente morendo poi per le ferite riportate; nonostante ciò GUNN decide di non uccidere l’ufficiale tedesco e di trasportarlo sul suo carro armato.

 Il pozzo di HASSAN BARANI è completamente asciutto ma, grazie a TAMBUL, l’eterogenea comitiva giunge al pozzo di BIR ACROMA. Pur se quasi asciutto, la comitiva riesce a raccogliere sufficiente acqua per dissetarsi e riprendersi da quella terribile marcia forzata.

 A complicare la situazione vi è un battaglione di AFRIKA KORPS che viste le tracce del carro americano, decide di dargli caccia. Peccato che anche i soldati tedeschi sono a corto di acqua e a loro volta tentano di raggiungere il pozzo BIR ACROMA.

 Mandata in avanscoperta una pattuglia, per verificare se dal pozzo erano già giunto il carro americano, questa viene catturata dal gruppo dei nostri eroi. GUNN interroga i due soldati sopravvissuti, allo scontro a fuoco, e scopre che un intero battaglione sta per arrivare. Decide allora di organizzare una postazione difensiva per fermare i Tedeschi.

 Deciso al sacrificio anche della sua vita per riuscire nell’impresa, chiede al resto dei suoi compagni di sventura se vogliono restare a combattere oppure prendere il semicingolato tedesco catturato affinché possano raggiungere le linee inglesi. Ovviamente i nostri coraggiosi soldati decidono tutti di combattere ma GUNN fa in modo che il suo fidato Waco tenti da solo di raggiungere le linee alleate per far poi arrivare i rinforzi necessari.

 

Il carro americano comandato da Gunn, al centro, con il suo equipaggio

 

Gunn con i superstiti dell’ospedale inglese

 

Alcuni dei superstiti dell’ospedale inglese

L’incontro con il con il sergente maggiore sudanese TAMBUL e del suo prigioniero italiano

 

Il carro americano M3 “Lee”

Le inquadrature dal basso verso l’alto sortiscono un ottimo effetto visivo

 

Note sulla pellicola e relativa produzione

 Il film fu girato nel 1942 e si ispira alla Battaglia di GAZALA, un'importante battaglia della Campagna del Deserto Occidentale, combattuta attorno al porto di TOBRUK in LIBIA, avvenuta tra il maggio e il giugno del 1942. La battaglia era iniziata con gli Inglesi più forti, in termini sia di numero di uomini sia come qualità degli armamenti, dopo aver ricevuto molti dei carri armati americani M3 e il supporto di diversi equipaggi americani allo scopo di addestrare gli Inglesi sull'uso di questo mezzo e di altri carri.

 L’Ottava armata fu attaccata violentemente dal feldmaresciallo ROMMEL e perse praticamente tutti i carri armati, sebbene un piccolo numero riuscì a fuggire in direzione dell’EGITTO per raggiungere le linee inglesi. ROMMEL si addentrò troppo lontano per essere raggiunto dai rifornimenti e gli Inglesi riuscirono a fermarlo nella prima battaglia di EL ALAMEIN.

 

 Per il film, Il ruolo di GUNN fu inizialmente offerto a Gary COOPER, poi a Glenn FORD e infine a Brian DONLEVY.

 La rivista di cinema VARIETY, ha sostenuto che DONLEVY rifiutò la parte perché era stanco di interpretare film di guerra e BOGART invece era stufo dei soliti ruoli di gangster e personaggi torbidi.

 La produzione iniziò il 29 gennaio 1943 e terminò il 17 aprile dello stesso anno. Il cast e la troupe trascorsero undici settimane nelle location di IMPERIAL COUNTY, in CALIFORNIA, e nel deserto di ANZA-BORREGO vicino al mare di SALTON. La loro base era al PLANTER'S HOTEL DI BRAWLEY, in CALIFORNIA, a circa 80 km dal set.

 I soldati e l'equipaggiamento della 4a Divisione corazzata americana servirono per le scene dello scontro tra tedeschi e il manipolo di eroi ma soprattutto l’Esercito americano fornì i mezzi corazzati necessari tra cui un M2 semicingolato e spacciato, nel film, per un mezzo tedesco Sdkf-251.

 Visto che il film era girato in pieno conflitto, non erano certo disponibili uniformi (gli elmetti tedeschi sono il modello M1916 invece di quello M1935) e armi tedesche del secondo conflitto; le truppe dell'AFRIKA KORPS furono armate con fucili MAUSER GEWEHR 98 della Prima Guerra Mondiale mentre alcuni soldati furono equipaggiati con degli SPRINGFIELD M1903 statunitensi e mitragliatrici MG 08 risalenti alla prima guerra mondiale.

 L'aereo che attacca il carro armato era un primo Mustang P-51 potenziato da ALLISON su cui furono dipinte mimetizzazione e insegne della LUFTWAFFE per simulare un MESSERSCHMITT BF 109.

 Nota curiosa: Il carro armato comandato dal sergente TREE (Dan AYKROYD) nel film commedia del regista Steven SPIELBERG “1941” è chiamato "Lulubelle" come omaggio al carro armato M3 presente nel film SAHARA.

 

Il pilota tedesco prima di lanciarsi dall’aereo

 

La cattura del pilota, di spalle a destra Humphrey Bogart

 

La scoperta del pozzo di Bir Acroma

Il carro M3 durante la sua ritirata

 

Da WIKIPEDIA apprendiamo che, nel 1992, Kurt KREUGER (l’attore che interpreta il pilota tedesco) raccontò un episodio particolare avvenuto durante le riprese:

 

«Stavo correndo attraverso le dune quando Tambul (Rex Ingram) saltò su di me e premette la mia testa nella sabbia per soffocarmi. Zoltán, il regista, si dimenticò di urlare “STOP!” così che Ingram, preso nel suo personaggio, continuò a premere nella sabbia, il mio viso, sempre più forte.

 Alla fine svenni. Nessuno della troupe se ne era reso conto. Se Zoltán non avesse finalmente fermato le riprese, ripensandoci ora, per me sarebbe stata la fine».

 

 La produzione fu tormentata dalle solite difficoltà in un luogo desertico: temperature elevate, scottature solari, tempeste di sabbia e vento caldissimo.

 KORDA fece trasportare 2.000 tonnellate di sabbia sul set per coprire un'area di terreno giudicato poco desertico, secondo lui. Le increspature e i turbinii nella sabbia furono “migliorati” nientemeno che dipingendo la sabbia e quindi soffiandola con una macchina del vento. Allo stesso modo, le ombre sono state dipinte a spruzzo sulle colline per farle risaltare.

 Il truccatore, Henry PRINGLE, ideò una tecnica per imitare il sudore del viso, tecnica che poi fece scuola e a tutt’oggi impiegata. Spalmò sui volti degli attori della vaselina e poi vi nebulizzò dell’acqua.

 La terza moglie di BOGART, Mayo METHOT, unica donna sul set dato che non era contemplata la partecipazione di attrici e comparse, era solita portare all’attore il pranzo andandolo a prendere ogni giorno a BRAWLEY. Sforzi che non consolidarono il loro matrimonio che finirà nel 1943 quando BOGART sposò Lauren BACALL (sua quarta moglie).

 

Il battaglione di Afrika Korps, a destra una presunta guida del deserto di non chiara appartenenza militare

 

L’incontro tra il maggiore tedesco Von Falken e il sergente Gunn

L’avanguardia tedesca catturata dal manipolo di eroi presso il pozzo

La cattura del mezzo tedesco, evidente si tratti di un M2 americano

 

Un film non troppo di propaganda bellica, e nemmeno troppo di genere

 Classificare “SAHARA”, come un film strettamente propagandistico o di genere, sarebbe una scelta quanto mai limitante a un giudizio obiettivo equilibrato.

 Scritto a più mani, ha una struttura narrativa a episodi; un modello di sceneggiatura che negli sarà utilizzato in altri film bellici come il recente “FURY”, diretto da David AYER nel 2014, o in film western prodotti negli anni ’60.

 Ogni personaggio è stato accuratamente sdoppiato, descrivendone la dualità di soldato e di uomo al di là degli avvenimenti in cui è coinvolto.

 Certo, alcuni sono prettamente stereotipati, come il maggiore tedesco con il suo approccio mellifluo e falso oppure il soldato italiano catturato, ma la loro collocazione nel racconto non rende meno valida la pellicola e la sua trama non tende a scemare nel “già visto e rivisto”:

 I singoli episodi mostrano la guerra nei suoi diversi aspetti: il coraggio e la codardia, il senso del gruppo e la propria individualità, il senso della vendetta e della pietà verso il nemico. Se in quelli dove l’essere un militare troviamo sfumature marcate di propaganda e di ipocrisia, in quelli contrapposti il regista ha saputo dare connotazioni più veritiere e in parte poco comuni nel cinema di allora.

 Ed ecco i protagonisti raccontare il loro passato, i loro drammi e gli affetti che hanno lasciato nei loro paesi.

 La contrapposizione tra i Tedeschi, spietati e infidi nelle loro azioni, e il gruppo di militari alleati, a cui si unisce simbolicamente e ideologicamente il prigioniero italiano, non è per ragioni comparative tra buoni e cattivi ma per evidenziare che determinati ideali possono solo ingenerare degenerazioni comportamentali anche in momenti della guerra in cui, invece, pietà e lealtà sono determinanti per non condannare il genere umano a creature da girone dantesco.

 Se per ragioni di propaganda i Tedeschi sono il nemico a 360°, nelle scene finali si ribaltano le prospettive e sono mostrati profondamente umani e deboli; disperati dalla sete e rassegnati nel loro andare incontro alla prigionia. Ecco che sono raffigurati nella loro umanità, nelle loro debolezze che cancellano ogni immagine di loro quali invincibili macchine da guerra.

 Non è un film contro la guerra ma, decisamente, sul bisogno di mantenere la propria umanità anche nei momenti più avversi della vita e soprattutto nel vivere in considerazione di chi ci circonda e con cui dobbiamo trovare le ragioni per essere un po' meglio dei nostri nemici.

 

L’assalto tedesco alla postazione difensiva

I soldati tedeschi, disperati dalla sede, smettono di combattere arrendendosi

 

 

 

La cattura del battaglione tedesco da parte di Gunn e dei suoi uomini

Primo piano Humphrey Bogart con l’immancabile sigaretta

 

 

 

«La partita è molto difficile ma bisogna tentarla. Oppure ragazzi potremmo andarcene, raggiungere le nostre linee insieme ai quatto prigionieri.

Salveremo così la pelle facendo anche un figurone mentre invece restando forse nessuno saprà mai se noi siamo stati degli eroi o degli sventurati».

 

 

 

 

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